Il feticcio ‘lavoro’ e le sue vittime Edizioni di Ar
ESAURITO
In questo studio, che analizza anzitutto i problemi che nascono con la quiescenza, non si contesta il lavoro in quanto tale, ma l’altissimo valore che la società gli attribuisce e che viceversa non merita.
“Bisogna ammettere – e ciò è vergognoso – che in quasi tutti i rapporti e gli studi riguardanti la senilità è stato messo in evidenza solo il fatto che la vecchiaia si rivela come uno stadio della vita in cui si avvertono profonde alterazioni degli organi fisici e della mente: questo ha contribuito a creare un’immagine dell’anziano come di persona menomata avente bisogno della nostra pietà. Non si nega che il vecchio abbia ridotte capacità fisiche e mutate (si badi bene, mutate e non diminuite) capacità psichiche, ma se egli è in buona salute, è pure in grado di condurre una vita utile per sé e per gli altri.
Ma le esigenze dell’anziano cozzano inesorabilmente con quelle della nostra società. Intanto, perché essa favorisce le frange culturali più giovani e quindi più vigorose e vivaci; poi, perché interviene il rifiuto di affrontare un problema che non darebbe soluzioni produttivamente valide ed accettabili; infine, perché l’anziano ricorda, più di ogni altro, la realtà ultima: la morte”. (dal testo)
I Pellerossa. Testimoni ed eroi Società Editrice Barbarossa
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I Pellerossa non erano affatto esseri ferini e atei, come taluni, fra storici e registi, vorrebbero farci credere, ma depositari di riti antichissimi come si evince dal seppur breve studio qui proposto, nel quale è offerto un confronto tra alcuni simboli religiosi – in primis il Sole – di derivazione indoeuropea ed alcuni simboli indiani. Nel contempo si è voluta evidenziare la politica di sterminio voluta dal governo americano e finalizzata alla conquista totale del territorio.
“E vogliamo infine terminare questo nostro lavoro con quanto disse, oltre cento anni fa, Seattle, capo dei Dwamish, una piccola tribù della costa nord-occidentale del Pacifico: ‘Anche quando l’ultimo indiano sarà scomparso, e il ricordo della mia gente sarà divenuto un mito per l’uomo bianco, queste spiagge ospiteranno ancora le forme invisibili dei nostri morti, e quando i figli dei vostri figli crederanno di essere soli nei campi, nelle case, nei negozi o nel silenzio dei boschi ancora vergini, essi non saranno soli.
Di notte, quando le strade delle vostre città e dei villaggi sono silenziose e voi credete che siano deserte, esse sono al contrario affollate dai fantasmi di coloro che un tempo percorrevano la terra e amano ancora questo meraviglioso paese. L’uomo bianco non sarà mai solo’”. (dal testo)
Il Messaggero del Sole Introduzione a Giuliano Imperatore
Società Editrice Barbarossa
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La ‘verità storica’, si sa, è la figlia deforme di certi vincitori e lo è ancora di più quando lo sconfitto potrebbe diventare un pericoloso punto di riferimento per le generazioni future.
Questo è avvenuto, non unico né ultimo caso, nei confronti di Giuliano Imperatore sul quale la storiografia ufficiale ha steso un velo di silenzio per lacerarlo solo in occasione di calunnie assurte ormai al ruolo di postulati unanimemente accettati.
“A circa otto chilometri da Antiochia si trovava il tempio di Apollo a Dafne: pensando che il silenzio dell’oracolo fosse causato dal corpo di San Babila, ivi sepolto, che rendeva l’aria impura, l’imperatore fece rimuovere i resti del santo perché venisse inumato nel cimitero di Antiochia e sempre per motivi di purità rituale comandò che i funerali si svolgessero dopo il tramonto. L’opposizione cristiana considerò la traslocazione del martire un affronto da vendicare, senza pensare che obiettivamente non c’era una ragione valida che giustificasse il seppellimento di quei resti in un boschetto di un tempio pagano piuttosto che in una chiesa.
Sta di fatto che il 22 ottobre di quello stesso 362 un incendio appiccato dai cristiani distrusse il tempio intero e con esso la statua di Apollo citaredo, opera dell’ateniese Bryaxis: la voce fatta ad arte circolare dai responsabili dell’odioso crimine, secondo la quale i colpevoli erano da ricercarsi tra i pagani, è così grossolanamente falsa che non merita confutazione alcuna. L’unica rappresaglia di Giuliano fu la chiusura della chiesa principale di Antiochia: quale altro imperatore si sarebbe comportato con altrettanta tolleranza?” (dal testo)