TEATRO
(La vergogna di Dio – Il destino di Alessandro Lubez – Una vita – L’arcobaleno, la porta e il guardiano – La corona e lo specchio) 2a ed.
Edizioni Noctua
La vergogna di Dio
Due atti con otto personaggi
Si svolge interamente nella cella di un carcere dove quattro detenuti si sforzano di vincere la noia inventando un gioco e mentre il gioco si sta svolgendo, arriva un quinto detenuto. Questi scopre, suo malgrado, che il tempo non passa mai e che se vuole riempirlo non deve rivolgersi ad obiettivi esterni perché l’esterno non esiste più: ogni progetto di vita è stato sospeso e, con esso, il tempo. La cella è il simbolo del nulla e l’intero dramma descrive il rapporto fra il neofita del nulla – l’ultimo arrivato – e i veterani del nulla, ossia i detenuti già presenti nella cella.
Il destino di Alessandro Lubez
Atto unico con quattro personaggi
Il protagonista è un compositore la cui disgraziata esistenza, sordità compresa, ricorda molto da vicino quella di Beethoven, ed infatti lo spunto dell’opera è dato dal testamento che Beethoven ha redatto nell’estate del 1802 a Heiligenstadt. Se la vita è tanto dura, perché continuare a vivere?, si domanda ad un certo punto il personaggio principale. Dopo un lungo monologo finale, durante il quale accarezza l’idea del suicidio, decide di accogliere virilmente su di sé il proprio destino.
Una vita
Monologo con personaggio femminile
Una donna di mezza età racconta la propria vita a due uomini e due donne silenziosi e immobili per buona parte del monologo. Durante la narrazione queste persone non rispondono mai alle domande che la protagonista rivolge loro ma, anzi, quando vengono interpellate con troppa insistenza, si alzano e se ne vanno. La donna alla fine rimane sola, pagando così a caro prezzo un’autenticità che non è più tollerata da nessuno.
L’arcobaleno, la porta e il guardiano
Due atti con tredici personaggi
L’avidità umana fa da sfondo a questa pièce nella quale quasi tutti i personaggi vogliono impadronirsi di quello che credono stia dietro una porta difesa da un guardiano. Gli unici disinteressati sono il pazzo del paese (ma è davvero pazzo?) e due viandanti che hanno rinunciato alla ricchezza per poter cercare se stessi. Dopo che il guardiano verrà ucciso si scoprirà che custodiva una rosa d’oro, simbolo della saggezza.
La corona e lo specchio
Tre atti con quattordici personaggi
Jacopo, re di Lonarìa, vuole fortissimamente passare alla storia e perché ciò avvenga stabilisce di far costruire sette immensi palazzi che saranno indissolubilmente legati al suo nome. Ma per poter riuscire nell’impresa ha bisogno di denaro: lo può ottenere soltanto dal popolo, che però è già stato ridotto alla fame da una disastrosa guerra. I Consiglieri di Corte tentano, inutilmente, di dissuaderlo. Uno di essi decide allora di ucciderlo, ma fallisce. Da questo momento il sovrano, convinto di trovarsi al centro di una congiura, che in realtà non esiste, mette in atto una spietata repressione che miete innumerevoli vittime e che dà l’avvio, ora sì, ad una congiura vera. Sarà la madre a farlo uccidere e sarà poi lei a cingere la corona. Lungo l’intero dramma si snoda, flessuosa e insidiosa, la sete di dominio vista come reazione al terrore della morte. Perché il dominio? Per conquistare la fama. Perché la fama? Per non morire del tutto. |